Buongiorno a tutti quanti! Stavolta mi ritrovo a scrivere in mattinata per proporvi un'altro intervento della rubrica La parola all'autore. L'ospite stavolta è l'autore del libro Essere Melvin, che ho avuto modo di recensire qualche tempo fa.
La trama: Essere Melvin è per un verso la storia di un cavaliere temerario che deriva la sua audacia da un rapporto con la realtà tutto trasfigurato dalla finzione; per altro verso è la storia di una vendetta lungamente preparata e macchinosamente architettata. Dirò di più: il libro stesso è una gigantesca rivalsa, non contro qualcuno in particolare, ma contro la misura colma delle frustrazioni e delle delusioni, contro una vita che somiglia troppo poco a quella sognata. Un romanzo d’avventure, dunque? Certo. Purché il lettore sia avvertito che le terre di conquista sono tutte interiori, e che l’eroe era ben poco equipaggiato ad affrontare i mostri, i draghi, gli stregoni e i briganti che non sospettava di nascondere in sé. Melvin è una storia vera.
La parola all'autore: “..Specchio,Specchio, Specchio delle mie brame chi è la più bella del reame…?”
Tranquilli non sto delirando, né voglio da voi una risposta che neppure la magia potrebbe darmi.
Eppure nella sua infinita cattiveria comprendo bene l’angosciosa e inquieta domanda che la strega di Biancaneve si pone da sempre.
Io ogni mattina mi guardo allo specchio e osservo un giovane anziano, con la panza da cummenda, con pochi capelli, le borse sotto gli occhi eppure se l’immagine riflessa nello specchio mi indica il tempo passato e la ei fu giovinezza, non è quella la risposta che cerco con forza e determinazione da tempo.
Chi sono io? Francesco mi ha chiesto di raccontarmi e di spiegarvi perché ho indossato la maschera di Melvin per così tanto. Difficile rispondere. Ci ho provato scrivendo Essere Melvin, il mio esercizio terapeutico, e dopo 430 pagine non so se sono riuscito nell’impresa.
Cosa è stato Melvin? Il mio miglior amico, il mio peggior incubo, la mia condanna, il mio scudo, il mio Hyde. Ho sempre pensato che la normalità sia noiosa e banale, ho fatto della stranezza e della diversità un segno distintivo fino a quando il mio stolto orgoglio non mi ha spinto all’inferno dove ho rischiato di perdermi per sempre.
Credo in Dio e so che mi aspetta il Purgatorio quando sarà il momento . Credo che la coscienza sia la scintilla divina presente in noi. Nei momenti più bui della mia vita quando tutto sembrava perduto e le Parche stavano per tagliare il mio filo, qualcuno lassù ha deciso per il colpo di scena. Mi hanno letteralmente salvato prima che saltassi giù. Si, ho tentato il suicidio, ho subito un trattamento psichiatrico obbligatorio (Tso). Non mi sono fatto mancare nulla nella mia vita: amore, dolore, follia, avventura, morte, commedia e dramma e coma etilico.
Dicono sovente che la vita è una fiction e che ogni giorno viene scritta una pagina del copione.La mia fiction va avanti da 37 anni tra alti e bassi eppure sono ancora qui. Melvin mi ha tolto tanto e quasi la vita, ma non la voglia d combattere e di sperare. Mi sono sentito una merda di uomo per tanto tempo, ho provato vergogna credendo di aver macchiato la memoria di mio padre e l’Onore della mia famiglia. Già l’Onore, parola usata più dai mafiosi per sigillare scellerati patti piuttosto che intenderla alla maniera dell’Antica Roma per rendere omaggio all’onestà e coraggio di un uomo. Io credo che un uomo senza Onore non sia degno di essere definito tale. Sono tornato dall’inferno e ho deciso di raccontare la mia storia perché condividere mi ha permesso di guarire, ho lavato in pubblico i miei panni sporchi, ho svuotato l’armadio dagli scheletri. Ora sono un uomo libero, più forte e forse migliore. Ogni giorno lotto, mi arrabbio, litigo, ma ho ripreso in mano la mia vita.
Melvin non è un eroe, anzi è un personaggio negativo, ma mi ha spinto a rimettermi in piedi e di riabilitare il mio nome. Mi padre ha lasciato troppo presto e senza la possibilità di un vero chiarimento, ma il suo cognome è la sua vera eredità oltre l’amore e il rispetto per le donne. Sono Vittorio De Agrò, sono tornato perché sono solito rispettare la parola d’Onore. Ogni mattina apro gli occhi e sorrido, vi sembra poco? Per capirne di più dovrete leggermi, se sarete pronti ad affrontare un viaggio, una confessione laica, una traversata nel deserto, ma alla fine spero che un sorriso e la speranza siano con voi chiudendo il libro.
Un grazie particolare a Vittorio De Agrò che ha accettato di raccontarsi e raccontare.
Chi sono io? Francesco mi ha chiesto di raccontarmi e di spiegarvi perché ho indossato la maschera di Melvin per così tanto. Difficile rispondere. Ci ho provato scrivendo Essere Melvin, il mio esercizio terapeutico, e dopo 430 pagine non so se sono riuscito nell’impresa.
Cosa è stato Melvin? Il mio miglior amico, il mio peggior incubo, la mia condanna, il mio scudo, il mio Hyde. Ho sempre pensato che la normalità sia noiosa e banale, ho fatto della stranezza e della diversità un segno distintivo fino a quando il mio stolto orgoglio non mi ha spinto all’inferno dove ho rischiato di perdermi per sempre.
Credo in Dio e so che mi aspetta il Purgatorio quando sarà il momento . Credo che la coscienza sia la scintilla divina presente in noi. Nei momenti più bui della mia vita quando tutto sembrava perduto e le Parche stavano per tagliare il mio filo, qualcuno lassù ha deciso per il colpo di scena. Mi hanno letteralmente salvato prima che saltassi giù. Si, ho tentato il suicidio, ho subito un trattamento psichiatrico obbligatorio (Tso). Non mi sono fatto mancare nulla nella mia vita: amore, dolore, follia, avventura, morte, commedia e dramma e coma etilico.
Dicono sovente che la vita è una fiction e che ogni giorno viene scritta una pagina del copione.La mia fiction va avanti da 37 anni tra alti e bassi eppure sono ancora qui. Melvin mi ha tolto tanto e quasi la vita, ma non la voglia d combattere e di sperare. Mi sono sentito una merda di uomo per tanto tempo, ho provato vergogna credendo di aver macchiato la memoria di mio padre e l’Onore della mia famiglia. Già l’Onore, parola usata più dai mafiosi per sigillare scellerati patti piuttosto che intenderla alla maniera dell’Antica Roma per rendere omaggio all’onestà e coraggio di un uomo. Io credo che un uomo senza Onore non sia degno di essere definito tale. Sono tornato dall’inferno e ho deciso di raccontare la mia storia perché condividere mi ha permesso di guarire, ho lavato in pubblico i miei panni sporchi, ho svuotato l’armadio dagli scheletri. Ora sono un uomo libero, più forte e forse migliore. Ogni giorno lotto, mi arrabbio, litigo, ma ho ripreso in mano la mia vita.
Melvin non è un eroe, anzi è un personaggio negativo, ma mi ha spinto a rimettermi in piedi e di riabilitare il mio nome. Mi padre ha lasciato troppo presto e senza la possibilità di un vero chiarimento, ma il suo cognome è la sua vera eredità oltre l’amore e il rispetto per le donne. Sono Vittorio De Agrò, sono tornato perché sono solito rispettare la parola d’Onore. Ogni mattina apro gli occhi e sorrido, vi sembra poco? Per capirne di più dovrete leggermi, se sarete pronti ad affrontare un viaggio, una confessione laica, una traversata nel deserto, ma alla fine spero che un sorriso e la speranza siano con voi chiudendo il libro.
Un grazie particolare a Vittorio De Agrò che ha accettato di raccontarsi e raccontare.
Grazie di cuore Francesco per il tempo e la disponibilità che mi hai concesso.
RispondiEliminail piacere è tutto mio
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