venerdì 21 luglio 2017

Recensione: Satyros, di Giorgio Borroni

Titolo: Satyros
Autore: Giorgio Borroni
Editore: èscrivere
Pagine: 89
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La trama: Giorgio Borroni ci regala un romanzo breve dalle tinte cupe e le atmosfere retrò che piaceranno ai nostalgici degli anni Ottanta. A tratti dissacrante e con delle punte splatter, questo romanzo ricco di suspense vi terrà col fiato sospeso fino all'ultima pagina.
I ricordi, che erano un veleno in circolo nelle sue vene, gli gonfiarono il cuore fino a farglielo scoppiare. In quel preciso istante la campana della chiesa suonò a morto. Bastiano sentì il sangue gelarglisi a poco a poco, rintocco dopo rintocco ebbe persino l’impressione che rallentasse il flusso, coagulandosi nelle vene. Una voce nella sua testa gli urlò di andare via da lì, di infilarsi nel bar e ordinare qualsiasi cosa pur di evitare quei due, ma quando si mosse gli parve di essere stato preso a bastonate alle gambe.

La recensione

Non so come mi aspettavo che questo racconto mi regalasse attimi di bella compagnia. Forse perché conosco l'autore, forse perché il tema trattato affonda le sue radici in quella che è la mia infanzia. Non lo so, fatto sta che mi sono divertito. Satyros fa parte di una serie di racconti autoconclusivi della Community E' scrivere.
Questa è la storia di un ragazzo che si appresta a tornare sull'isola dov'è cresciuto e che adesso ha abbandonato per andar dietro alla sua vita. Qui ha passato i momenti migliori della sua infanzia. Le feste, i genitori, le risate con gli amici di sempre. Ora però le cose sono cambiate, quel posto è sfiorito, qualcosa di malato si è impossessato di quei luoghi tanto amati. Qualcosa è accaduto e c'è un motivo se Bastiano, proprio come accadde anni addietro, è chiamato da una vecchia amica a combattere contro il male...

La primissima cosa che salta all'occhio del lettore è la maestria con cui Borroni decide di narrarci questa storia. Le parole sono scelte con una minuzia tale da rasentare la perfezione. Ciascuna di esse sembra essere perfettamente al suo posto, sembra non esserci altro modo per descrivere una determinata situazione. Tutto richiama al marcio, allo stantio, al vecchio, a qualcosa che si è incancrenito. Nel paesotto di Bastiano infatti tutto è rimasto com'era. Niente è cambiato. La polvere si accumulata, gli sguardi della gente sono carichi di astio e diffidenza. Ciò costituisce l'80% di questa storia. Senza una prosa simile sarebbe stato tutto diverso.

Come se fossimo tornati indietro nel tempo, agli anni '80, a quando ancora c'era il piacere di ritrovarsi con gli amici a giocare dopo aver fatto i compiti, l'autore ci fa salire sull'altalena e ci spinge avanti e indietro brutalmente. La storia di divide. Da una parte abbiamo il gruppo di amici da piccoli, dall'altra la dura realtà dei nostri giorni, dove le cose sono un po' cambiate.
Bastiano è chiamato a risolvere qualcosa che va oltre l'umana credenza, è chiamato a salvare la vita di un bambino che non ha più nulla di umano, vittima di qualcosa che è sopravvissuto ai decenni e adesso si è abbattuto con cattiveria su di lui.
Ma che cos'è questo male? Chi è il mostro? Per scoprirlo dobbiamo procedere con la narrazione e venire a sapere di un certo accordo fatto da un adulto anni addietro con un gruppo di circensi. (leggero richiamo all'arrivo di Melquiades a Macondo in Cent'anni di solitudine) L'accordo ha a che fare con un videogioco particolare, uno di quelli  grossi da sala giochi che per farlo funzionare dovevi buttarci dentro le lire. Immediatamente cattura l'attenzione dei più giovani che non sanno staccarsene.
Quello che non sanno è che al suo interno vive lo spirito di un Satiro e che ogni volta che inseriscono le monetine lui gioca con le loro vite...

Il videogioco non si è mai spento. Non è mai stato staccato e continua a mietere vittime. Qualcuno deve fermarlo. Qualcuno deve vincere la partira a colpi di monetine. Bastiano, un ragazzo che forse preferirebbe essere altrove, è costretto a tornare per cambiare le cose. Riuscirà a farce la o lo scontro con il Satiro gli porterà via quel poco di vita che gli resta?

Il mio giudizio: C'è poco da dire. Borroni sa scrivere e sa farlo bene davvero. Chi mi conosce sa bene che non sono solito dire bugie o fare commenti gratuiti solo perché ho avuto modo di leggere l'opera di un autore. Se qualcosa non mi convince lo dico. Borroni è uno che hi horror ne capisce parecchi e lo ha confermato di nuovo con questo piccolo romanzo, mischiando quelle che sono le paure legate all'adolescenza a quelle che saranno i problemi e le preoccupazioni di domani. Lo fa in un modo tutto suo. Ho adorato la sua narrazione e il modo in cui ha saputo farmi correre i brividi sulla schiena...che di questi tempi è letale.
La storia coinvolge. Spaventa per la sua ambientazione claustrofobica, malsana (avete presente Non aprite quella porta? Ecco) i personaggi che si portano sempre dietro un alone di mistero. Qualcosa di simile può esistere? Forse i video giochi si giocano più sulle console adesso, ma il magnetismo malsano che spesso esercitano sulle giovani menti è quanto di più attuale ci possa essere. Argomento attualissimo che costringe il lettore a porsi delle domande che forse non avranno mai una risposta.
Consigliatissimo.

Pronti per conoscere il Satiro?

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