mercoledì 29 luglio 2015

Sfida al Canyon infernale //I racconti western di Robert E. Howard il creatore di Conan il barbaro edito da Fratini editore

Titolo: Sfida al canyon infernale
Autore: Robert E. Howard
Editore: Fratini editore
Pagine: 384
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La trama: Raccolta di otto racconti inediti in cui - tra sparatorie, rulli di tamburi indiani nella notte, canyon scoscesi, cavalli al galoppo, pistoleros e sceriffi, saloon affollati, fanciulle in pericolo - si erge la figura del tipico personaggio howardiano: l'eroe solitario, l'Eroe senza tempo.

La recensione: Nella mia lunghissima carriera di lettore sono poche le volte in cui mi sono imbattuto in pubblicazioni di questo genere. per quanto possa averlo visto parecchie volte in tv, di rado mi è capitato di leggere storie Western. Mea culpa! Ecco perchè questa volta ho deciso di recuperare il tempo perso e riprendere i sentieri delle colline, tanto per rimanere in tema, scegliendo in libro di Robert E. Howard, lo scrittore del famoso e acclamato Conan il barbaro.

I racconti che Howard sottopone alla nostra attenzione raccontano la vita del West con le sue usanze e i suoi personaggi leggendari, con tutto quello che ne consegue. Al loro interno troviamo pistoleri, fanciulle da salvare, scorribande notturne e assalti alla banca. Gli ingredienti per creare la giusta ambientazione con paesaggi sperduti nel deserto battuti dal sole, saloon affollatissimi dove basta poco per accendere il fuoco e tesori seppelliti che non aspettano altro che di essere trovati.

Questa silloge può essere presa come un qualcosa di unico e compatto oppure può essere goduta un racconto per volta. Per coloro che non sono molto avvezzi al genere consiglio la seconda opzione, in questo modo avranno la possibilità di assaporare tutto il fascino che queste storie evocano e memorizzare le situazioni che si presentano volta volta. Quello che però in entrambi i casi è un viaggio su binari differenti che tendono però ad incontrarsi alla fine, contrariamente alle leggi matematiche. Giungendo alla fine del libro si ha un chiarissimo affresco di genere, quell'affresco che ha fatto innamorare generazioni intere per le sue storie e i suoi eroi. Nel preludio ai racconti vengono tracciate le linee guida di quello che è il West e il suo contorno, quali sono i personaggi cardine che si susseguono e il perchè della loro ciclicità, il ruolo della donna che sembra quasi un idolo, il perchè questa famosa caccia all'oro faccia tanta gola e vada così di moda, ma soprattuto l'importanza delle promesse che venivano fatte per quelle strade e quei saloon.

Non sono presenti particolari approfondimenti psicologici, pochissime sono le cose che il lettore viene a sapere dei personaggi che ha di fronte, e devo ammettere che spesso questo mi è dispiaciuto parecchio, questo però ha contribuito a rendere particolarmente movimentate le storie, mai statiche.
Quello che forse salta più all'occhio sul finale del libro è una sorta di motivo ricorrente che li pervade rendendoli molto simili tra loro e questo può piacere oppure no. Il lettore affezionato troverà appagante questa capacità dello scrittore dell'aver creato storie similari ma mai uguali, mentre il lettore profano potrà trovarle banali e scontate. De gustibus.

"E se il western di oggi è un'altra cosa, se gli Indiani non sono più considerati come i cattivi, se le fanciulle assurgono al ruolo di eroine, se persino i cowboy possono esser gay, allora rituffiamoci in atmosfere genuinamente, romanticamente, e classicamente western".

Questa una parte dell'introduzione che non condivido e che mi ha fatto storcere il naso. In questa parte, che precede l'inizio dei racconti, viene spiegato al lettore quello che andrà a leggere ripercorrendo quello che western è stato dagli albori. Nessuno quindi dovrebbe stupirsi se alcune delle figure eroiche sono cambiate e mutate nel tempo per adattarsi ai nuovi gusti letterari. Se prima erano i Pellerossa ad incarnare la figura dei cattivi perchè erano gli stranieri, adesso il "diverso" può risiedere dentro di noi, qualcosa di interiore quindi. Se le donne prima avevano quel tipo ci comportamento, sempre attaccate al padre e timorose di mettere il piede fuori casa, e quindi ammirate e idolatrate come un qualcosa di "inarrivabile" è prima di tutto una scelta espressiva quella di dipingere il ruolo in quel modo, secondo perchè il western è un genere più maschile e la figura del pistolero doveva essere messa in risalto.
Se poi in principio i cowboy erano uomini rudi con la pelle cotta dal sole, nati per vivere a cavallo e correre dietro le mandrie di bisonti, dobbiamo pensare che anche ai tempi di Howard (e quindi nelle sue storie) qualche uomo a cui forse piaceva un bel bandito doveva pur esserci, anche se non era detto in modo esplicito. L'omosessualità non è certo nata ieri. 

Una lancia va spezzata però in favore questa dell'edizione. Essa si presenta in un formato comodissimo, non è tascabile, ma le pagine sono molto resistenti, il carattere con cui è stampata è gradevole e la rilegatura regge la ripetuta apertura e chiusura del libro.
Vale la pena di dargli una chance, no?

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