Titolo: Arma Infero - Il Mastro di Forgia
Autore: Fabio Carta
Editore: Inspired Digital Publishing
Pagine: 693
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La trama: Su Muareb, un remoto pianeta anticamente colonizzato dall'uomo, langue una civiltà che piange sulle ceneri e le macerie di un devastante conflitto. Tra questi v'è Karan, vecchio e malato, che narra in prima persona della sua gioventù, della sua amicizia con colui che fu condottiero, martire e spietato boia in quella guerra apocalittica. Costui è Lakon. Emerso misteriosamente da un passato mitico e distorto, piomba dal cielo, alieno ed estraneo, sulle terre della Falange, il brutale popolo che lo accoglie e che lo forgia prima come schiavo, poi servo e tecnico di guerra, ossia "mastro di forgia", e infine guerriero, cavaliere di zodion, gli arcani veicoli viventi delle milizie coloniali. Ed è subito guerra, giacché l'ascesa di Lakon è il prodromo proprio di quel grande conflitto i cui eventi lui è destinato a cavalcare, verso l'inevitabile distruzione che su tutto incombe.
La recensione
La storia: Una storia che ha dell'incredibile. Lo scenario che vi viene presentato dall'autore fa letteralmente restare col fiato mozzato. Un pianeta allo sfacelo, preda di personaggi che non hanno saputo rendergli giustizia, affollato di folli esaltati che filosofeggiano sul quello che è stato in precedenza e di come si è arrivati ad ora. Una storia di fantascientifica in piena regola, dove i problemi di un pianeta sull'orlo della rovina è minacciato da un'imminente guerra civile che rischia di coinvolgere intere colonie.
Tutto questo raccontato attraverso gli occhi di Karan, che ripercorre la sua vita al fianco di Lakon, alieno piovuto dal cielo, e di quello che il destino gli ha messo di fronte. La crescita personale, la preparazione alla guerra, un lungo viaggio attraverso le colonie alla ricerca del mistico fauno, l'amore, e la devastazione dell'animo umano.
Il linguaggio: Quello che notiamo appena iniziata la lettura è che Carta utilizza numerosissime descrizioni arricchendo la storia di dettagli e punti di vista. Un linguaggio forbito, ricercato, tecnico, scientifico. Un uso alto della lingua, costellato di frasi lunghe e complesse, periodi molto articolati, e una prosa che, per quanto voglia scorrere alla maniera di George Eliot, risulta difficile da digerire.
I lunghi periodi che il lettore si trova ad affrontare descrivono in modo minuzioso e particolareggiato ogni aspetto della storia a scapito della trama che viene interrotta, forse troppo spesso, per metterlo a parte dei numerosi dettagli che distolgono l'attenzione. Questo permette solo in minima parte di calarsi nella storia e comprendere quali siano i veri motivi che muovono gli animi dei personaggi. Le azioni, ad esempio durante la battaglia centrale, sono anch'esse accompagnate da molte parole che snaturano quello che abbiamo sotto gli occhi, castrando il climax fino a quel momento raggiunto.
Periodi più frammentati e dal ritmo più incalzante avrebbero forse trasmesso tutta l'emozione, l'ansia e la brava di sangue dei cavalieri della Falange, in modo più consono.
I personaggi: Non so se sia giusto o meno giudicare dei personaggi, perchè alla fine li considero come delle persone con cui ho passato il mio tempo. Quindi devo stare attento.
E' Karan, il protagonista, a portarci insieme a lui e Lakon per la lunga strada per diventare un degno cavaliere della Falange prima e poi lanciarci alla ricerca del fauno, minacciati dalla guerra civile. E' lui che ci descrive tutto quello che vede e che fa. Quello che esce dalla sua bocca, da quella di Lakon, e da quella di molti altri personaggi mi ha più di una volta spiazzato. Una dialettica così articolata non la leggevo da un sacco di tempi. Pensieri e idee riguardanti la vita, il mondo che li circonda, la morte, e moltissimi altri aspetti che mai mi sarei aspettato di incontrare in questo romanzo.
Ad ogni domanda corrisponde una esauriente risposta, una descrizione senza pari, un discorso filosofico. Tutto questo è molto bello e appassionante. Se però ci lasciamo prendere dal lato "pedagogico" della storia, il lettore tende a perdere il contatto coi personaggi. Personalmente ho trovato dei dialoghi parecchio pesanti, e per quanto fossero interessanti, mi hanno fatto percepire una freddezza emotiva a cui ho dovuto cedere. L'esprimersi di ogni personaggio nello stesso forbito modo, sia quelli che ricoprivano cariche alte, sia coloro che erano in fondo alla gerarchia, li ha resi simili li uni a gli altri, senza distinzione di sesso o estrazione sociale. Che una dama abbia un vocabolario di un certo tipo va benissimo, ma che un cavaliere abituato a dormire anche nelle stalle e famoso per essere quello che uccide più uomini in guerra abbia lo stesso modo di esprimersi l'ho trovato strano.
Questo ha fatto si che non potessi rivedermi in nessuno di loro. Purtroppo. Non è certo per quello che dicono ma per la poca credibilità che ho percepito. Nonostante affrontino situazioni difficili, che vanno dall'emarginazione, all'invidia, alla guerra, all'amore, quello che mi hanno trasmesso è la poca autenticità delle loro parole, quasi che ognuno di loro facesse a gara a chi la spuntava per primo, come in un continuo dibattito.
Il mio giudizio: Arma Infero è senza ombra di dubbio un libro ben scritto, che va ben oltre al linguaggio usato comunemente. Una storia complessa, un uso della lingua inconsueto. Entrambi due grandi vantaggi che caratterizzano l'opera di Fabio Carta, che dimostra una grande preparazione e una grande conoscenza del genere. Nonostante questo le ripetute descrizioni, vuoi per la lunghezza o per l'uso di parole non sempre alla portata di tutti, appesantiscono la storia al punto da non permettere un completo coinvolgimento del lettore.
Il libro di Carta è un libro impegnativo, che richiede tempi di lettura serrati e una pazienza non adatta a coloro che desiderano leggere il susseguirsi degli eventi in maniera vorticosa. Arma Infero è un libro sui grandi perchè, un libro che tratta temi importanti gestiti in maniera accademica. Questo approccio lo rendono quindi più simile a un libro di filosofia che a un romanzo, quasi l'autore si sia voluto cimentare in un esercizio stile e abbia usato i suoi personaggi come veicolo.
Un libro per gli amanti del genere. Una storia che si conclude lasciando il finale aperto a un nuovo capitolo, dove le vite dei personaggi, ormai divisi, avranno per noi nuove avventure da raccontare.
La recensione
La storia: Una storia che ha dell'incredibile. Lo scenario che vi viene presentato dall'autore fa letteralmente restare col fiato mozzato. Un pianeta allo sfacelo, preda di personaggi che non hanno saputo rendergli giustizia, affollato di folli esaltati che filosofeggiano sul quello che è stato in precedenza e di come si è arrivati ad ora. Una storia di fantascientifica in piena regola, dove i problemi di un pianeta sull'orlo della rovina è minacciato da un'imminente guerra civile che rischia di coinvolgere intere colonie.
Tutto questo raccontato attraverso gli occhi di Karan, che ripercorre la sua vita al fianco di Lakon, alieno piovuto dal cielo, e di quello che il destino gli ha messo di fronte. La crescita personale, la preparazione alla guerra, un lungo viaggio attraverso le colonie alla ricerca del mistico fauno, l'amore, e la devastazione dell'animo umano.
Il linguaggio: Quello che notiamo appena iniziata la lettura è che Carta utilizza numerosissime descrizioni arricchendo la storia di dettagli e punti di vista. Un linguaggio forbito, ricercato, tecnico, scientifico. Un uso alto della lingua, costellato di frasi lunghe e complesse, periodi molto articolati, e una prosa che, per quanto voglia scorrere alla maniera di George Eliot, risulta difficile da digerire.
I lunghi periodi che il lettore si trova ad affrontare descrivono in modo minuzioso e particolareggiato ogni aspetto della storia a scapito della trama che viene interrotta, forse troppo spesso, per metterlo a parte dei numerosi dettagli che distolgono l'attenzione. Questo permette solo in minima parte di calarsi nella storia e comprendere quali siano i veri motivi che muovono gli animi dei personaggi. Le azioni, ad esempio durante la battaglia centrale, sono anch'esse accompagnate da molte parole che snaturano quello che abbiamo sotto gli occhi, castrando il climax fino a quel momento raggiunto.
Periodi più frammentati e dal ritmo più incalzante avrebbero forse trasmesso tutta l'emozione, l'ansia e la brava di sangue dei cavalieri della Falange, in modo più consono.
I personaggi: Non so se sia giusto o meno giudicare dei personaggi, perchè alla fine li considero come delle persone con cui ho passato il mio tempo. Quindi devo stare attento.
E' Karan, il protagonista, a portarci insieme a lui e Lakon per la lunga strada per diventare un degno cavaliere della Falange prima e poi lanciarci alla ricerca del fauno, minacciati dalla guerra civile. E' lui che ci descrive tutto quello che vede e che fa. Quello che esce dalla sua bocca, da quella di Lakon, e da quella di molti altri personaggi mi ha più di una volta spiazzato. Una dialettica così articolata non la leggevo da un sacco di tempi. Pensieri e idee riguardanti la vita, il mondo che li circonda, la morte, e moltissimi altri aspetti che mai mi sarei aspettato di incontrare in questo romanzo.
Ad ogni domanda corrisponde una esauriente risposta, una descrizione senza pari, un discorso filosofico. Tutto questo è molto bello e appassionante. Se però ci lasciamo prendere dal lato "pedagogico" della storia, il lettore tende a perdere il contatto coi personaggi. Personalmente ho trovato dei dialoghi parecchio pesanti, e per quanto fossero interessanti, mi hanno fatto percepire una freddezza emotiva a cui ho dovuto cedere. L'esprimersi di ogni personaggio nello stesso forbito modo, sia quelli che ricoprivano cariche alte, sia coloro che erano in fondo alla gerarchia, li ha resi simili li uni a gli altri, senza distinzione di sesso o estrazione sociale. Che una dama abbia un vocabolario di un certo tipo va benissimo, ma che un cavaliere abituato a dormire anche nelle stalle e famoso per essere quello che uccide più uomini in guerra abbia lo stesso modo di esprimersi l'ho trovato strano.
Questo ha fatto si che non potessi rivedermi in nessuno di loro. Purtroppo. Non è certo per quello che dicono ma per la poca credibilità che ho percepito. Nonostante affrontino situazioni difficili, che vanno dall'emarginazione, all'invidia, alla guerra, all'amore, quello che mi hanno trasmesso è la poca autenticità delle loro parole, quasi che ognuno di loro facesse a gara a chi la spuntava per primo, come in un continuo dibattito.
Il mio giudizio: Arma Infero è senza ombra di dubbio un libro ben scritto, che va ben oltre al linguaggio usato comunemente. Una storia complessa, un uso della lingua inconsueto. Entrambi due grandi vantaggi che caratterizzano l'opera di Fabio Carta, che dimostra una grande preparazione e una grande conoscenza del genere. Nonostante questo le ripetute descrizioni, vuoi per la lunghezza o per l'uso di parole non sempre alla portata di tutti, appesantiscono la storia al punto da non permettere un completo coinvolgimento del lettore.
Il libro di Carta è un libro impegnativo, che richiede tempi di lettura serrati e una pazienza non adatta a coloro che desiderano leggere il susseguirsi degli eventi in maniera vorticosa. Arma Infero è un libro sui grandi perchè, un libro che tratta temi importanti gestiti in maniera accademica. Questo approccio lo rendono quindi più simile a un libro di filosofia che a un romanzo, quasi l'autore si sia voluto cimentare in un esercizio stile e abbia usato i suoi personaggi come veicolo.
Un libro per gli amanti del genere. Una storia che si conclude lasciando il finale aperto a un nuovo capitolo, dove le vite dei personaggi, ormai divisi, avranno per noi nuove avventure da raccontare.
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