Autore: Nicola Ronchi
Editore: Porto Seguro editore
Pagine: 324
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La trama: Una tragedia lontana nel tempo. E l’incubo che ricompare trent’anni dopo...Roberto Ventura è un quarantacinquenne introverso che si ritrova di colpo senza una donna, senza un lavoro, senza prospettive. Ad alimentare la crescente depressione ci si mettono anche due figure misteriose, una ragazza e un bambino che compaiono spesso davanti ai suoi occhi. Realtà o immaginazione?
Sembra riprendersi dall’angoscia solo quando, durante una passeggiata al parco, incontra un amico d’infanzia e, coincidenza incredibile, anche un secondo. Due tipi molto diversi fra loro, ma che danno a Roberto un’ottimistica spinta emotiva. Sembra l’inizio di una nuova vita, ma si tratta soltanto di un incubo ancora più terribile...
La recensione
Premetto dicendo che questo è il romanzo che ho consigliato immediatamente a mia madre, grande appassionata di thriller pure lei.
Quando accade qualcosa di brutto la nostra mente può giocare brutti scherzi. Scherzi che ci fanno soffrire e star male fino al momento in cui la rimozione ci permette di andare oltre e continuare a vivere. Roberto e i suoi fratelli sono vittima di un brutto incidente che riguarda uno di loro. Litigano, iniziano ad accusarsi l'un l'altro, crescono e un vuoto incolmabile resta dentro si loro. Si dividono.
Adesso Roberto lavora come correttore di bozze in una casa editrice di Asteria, ma da un po' di tempo a questa parte la vita per lui è cambiata.Sta seduto su uno scivolo. La donna con cui ha passato i suoi anni migliori l'ha lasciato accusandolo di non essere più lo stesso. A lavoro il capo ha bisogno di fare dei tagli e per non vederlo abbrutire ulteriormente decide di metterlo a casa. La sua vita sociale è ridotta a zero, unica sua compagna di giochi è la bottiglia.
L'apparizione improvvisa di due compagni d'infanzia, Lars e Seb, gli fanno prendere una boccata d'aria, ma come mai sembrano nascondergli qualcosa? Come mai appaiono e scompaiono in momenti particolari e quasi sempre seguiti dalla presenza di una ragazza con con un parka e un ragazzino col piumino rosso?
A tutto c'è un perché, come c'è un perché per i continui sbalzi d'umore, alle continue allucinazioni e un perché all'inesorabile girandola di eventi autodistruttivi a cui va incontro Roberto e che sembrano sempre avere un legame con quello che è accaduto anni addietro, al lago, assieme ai suoi fratelli.
L'ambientazione è suggestiva e secondo me è quella che da una spinta propulsiva all'intera storia. Siamo ad Asteria, una città come tante ma dove non c'è posto per i sentimenti e in particolare per i perdenti come Roberto. Asteria è quasi perennemente immersa nella foschia, i momenti di luce sono sporadici e subito ingoiati da luoghi chiusi e angusti, come gli appartamenti che somigliano a tane di animali o i luoghi di lavoro che sembrano formicai dove ognuno pensa per sé. Roberto e i personaggi che gli orbitano attorno si muovono in questa realtà malsana, chiusa, forse retrograda. Asfissiante. Il tutto sembra far parte di un sogno, di una realtà inesistente ma parallela e trasmette sempre un senso di disagio simile a quello che prova il protagonista.
Un'ambiente credibile quindi, che ben si sposa con la vicenda narrata quasi diventando lui stesso uno dei personaggi cardine.
La storia si snoda attraverso capitoli che presentano punti di vista differenti. Lo spazio maggiore viene occupato da Roberto che mette a parte il lettore delle sue sempre più frequenti mancanze e suoi continui fallimenti, ma ciò che gli accade non è mai sopra le righe, quello che succede a lui potrebbe accadere a chiunque e questo fa si che immediatamente il lettore simpatizzi per lui. Altri capitoli appartengono poi alla sorella di Roberto e una delle sue colleghe di lavoro. La prima, dopo averlo rivisto per caso al parco, mostra persino lei piccoli segni di squilibrio gettando sul figlio piccolo un'eredità enorme. La seconda è una vittima come Roberto, una persona che ha sempre tenuto la testa bassa finché non cade preda di una molestia, allora si alza, tira fuori le unghie e inizia a lottare. Il suo destino sarà intrecciato a quello di Roberto, solo che nessuno dei due lo sa ancora...
Il tema è quello della follia, viene trattato però in maniera diversa da come siamo abituati a vederla. Solitamente ciò che ci rende folli è legato a qualcosa che abbiamo fatto e di cui ci assumiamo la colpa. Stavolta no, ciò che avviene al fratellino del protagonista è solo presunto, non sappiamo per certo quello che è successo davvero se non prima della fine. Roberto passa gli anni della sua vita a tormentarsi per qualcosa che probabilmente non ha commesso ma di cui è stato accusato. Questo non lo fa dormire, lo agita, lo inquieta e lo rende paranoico quando si accorge che della ragazzina e del bambino col piumino che lo seguono in ogni dove. Ma non è solo questo, c'è il tema della solitudine che ti rode l'anima, l'essere asociali che può marchiarti a vita, e c'è la questione della correttezza: essere sempre buoni con gli altri paga davvero oppure a volte conviene amalgamarsi alla massa?
Le vicende sono come un ammasso di riti di iniziazione, una serie di prove che il protagonista deve saper superare. Roberto scoprirà a sue spese che non sempre è facile sfuggire al maligno, alle tentazioni, e come possa risultare naturale prendersi gioco degli altri e addirittura pensare di far loro del male.La strada verso la salvezza e la redenzione è lontana e lo è ancora di più quando al tuo fianco ci sono due personaggi come Lars e Seb, che sembrano somigliare un modo agghiacciante a due moderni Gatto e la Volpe Collodiani.
La meta?
Il mio giudizio: La strada della follia, è qualcosa che si gioca tutto nella mente. Questa è una storia claustrofobica, si respira il marcio, la malattia e l'incapacità di accettare ciò che è stato il nostro passato e prendersi la responsabilità di quello che siamo adesso. Il protagonista è uno di noi e questo basta a trascinarci nella sua spirale autodistruttiva. Lo sentiamo vicino e distante. Vicino perché compie errori che tutti potremmo compiere, lontano perché si spinge all'eccesso senza che nessuno glielo chieda o un reale bisogno. I punti di vista differenti rendono la lettura varia e mai noiosa mettendo in luce aspetti diversi della stessa storia che non avremmo forse mai saputo se la visione fosse sempre stata quella di Roberto.
L'assurdo e l'irruenza degli eventi che spesso si succedono senza un perché spingono alla lettura per cercare di capire quanto in basso si può cadere, quanto lunga, tortuosa, ma soprattutto insidiosa, può essere la strada della follia.
L'unica pecca, se così la vogliamo chiamare, è forse quella di aver disseminato le pagine di indizi che possono indurre il lettore smaliziato ad unire i puntini prima di giungere al finale, togliendogli in questo modo parte dell'effetto sorpresa.
La strada della follia è un ottimo romanzo di intrattenimento adatto a tutti coloro che amano perdersi nei meandri della mente, e per questo, felici.
La recensione
Premetto dicendo che questo è il romanzo che ho consigliato immediatamente a mia madre, grande appassionata di thriller pure lei.
Quando accade qualcosa di brutto la nostra mente può giocare brutti scherzi. Scherzi che ci fanno soffrire e star male fino al momento in cui la rimozione ci permette di andare oltre e continuare a vivere. Roberto e i suoi fratelli sono vittima di un brutto incidente che riguarda uno di loro. Litigano, iniziano ad accusarsi l'un l'altro, crescono e un vuoto incolmabile resta dentro si loro. Si dividono.
Adesso Roberto lavora come correttore di bozze in una casa editrice di Asteria, ma da un po' di tempo a questa parte la vita per lui è cambiata.Sta seduto su uno scivolo. La donna con cui ha passato i suoi anni migliori l'ha lasciato accusandolo di non essere più lo stesso. A lavoro il capo ha bisogno di fare dei tagli e per non vederlo abbrutire ulteriormente decide di metterlo a casa. La sua vita sociale è ridotta a zero, unica sua compagna di giochi è la bottiglia.
L'apparizione improvvisa di due compagni d'infanzia, Lars e Seb, gli fanno prendere una boccata d'aria, ma come mai sembrano nascondergli qualcosa? Come mai appaiono e scompaiono in momenti particolari e quasi sempre seguiti dalla presenza di una ragazza con con un parka e un ragazzino col piumino rosso?
A tutto c'è un perché, come c'è un perché per i continui sbalzi d'umore, alle continue allucinazioni e un perché all'inesorabile girandola di eventi autodistruttivi a cui va incontro Roberto e che sembrano sempre avere un legame con quello che è accaduto anni addietro, al lago, assieme ai suoi fratelli.
L'ambientazione è suggestiva e secondo me è quella che da una spinta propulsiva all'intera storia. Siamo ad Asteria, una città come tante ma dove non c'è posto per i sentimenti e in particolare per i perdenti come Roberto. Asteria è quasi perennemente immersa nella foschia, i momenti di luce sono sporadici e subito ingoiati da luoghi chiusi e angusti, come gli appartamenti che somigliano a tane di animali o i luoghi di lavoro che sembrano formicai dove ognuno pensa per sé. Roberto e i personaggi che gli orbitano attorno si muovono in questa realtà malsana, chiusa, forse retrograda. Asfissiante. Il tutto sembra far parte di un sogno, di una realtà inesistente ma parallela e trasmette sempre un senso di disagio simile a quello che prova il protagonista.
Un'ambiente credibile quindi, che ben si sposa con la vicenda narrata quasi diventando lui stesso uno dei personaggi cardine.
La storia si snoda attraverso capitoli che presentano punti di vista differenti. Lo spazio maggiore viene occupato da Roberto che mette a parte il lettore delle sue sempre più frequenti mancanze e suoi continui fallimenti, ma ciò che gli accade non è mai sopra le righe, quello che succede a lui potrebbe accadere a chiunque e questo fa si che immediatamente il lettore simpatizzi per lui. Altri capitoli appartengono poi alla sorella di Roberto e una delle sue colleghe di lavoro. La prima, dopo averlo rivisto per caso al parco, mostra persino lei piccoli segni di squilibrio gettando sul figlio piccolo un'eredità enorme. La seconda è una vittima come Roberto, una persona che ha sempre tenuto la testa bassa finché non cade preda di una molestia, allora si alza, tira fuori le unghie e inizia a lottare. Il suo destino sarà intrecciato a quello di Roberto, solo che nessuno dei due lo sa ancora...
Il tema è quello della follia, viene trattato però in maniera diversa da come siamo abituati a vederla. Solitamente ciò che ci rende folli è legato a qualcosa che abbiamo fatto e di cui ci assumiamo la colpa. Stavolta no, ciò che avviene al fratellino del protagonista è solo presunto, non sappiamo per certo quello che è successo davvero se non prima della fine. Roberto passa gli anni della sua vita a tormentarsi per qualcosa che probabilmente non ha commesso ma di cui è stato accusato. Questo non lo fa dormire, lo agita, lo inquieta e lo rende paranoico quando si accorge che della ragazzina e del bambino col piumino che lo seguono in ogni dove. Ma non è solo questo, c'è il tema della solitudine che ti rode l'anima, l'essere asociali che può marchiarti a vita, e c'è la questione della correttezza: essere sempre buoni con gli altri paga davvero oppure a volte conviene amalgamarsi alla massa?
Le vicende sono come un ammasso di riti di iniziazione, una serie di prove che il protagonista deve saper superare. Roberto scoprirà a sue spese che non sempre è facile sfuggire al maligno, alle tentazioni, e come possa risultare naturale prendersi gioco degli altri e addirittura pensare di far loro del male.La strada verso la salvezza e la redenzione è lontana e lo è ancora di più quando al tuo fianco ci sono due personaggi come Lars e Seb, che sembrano somigliare un modo agghiacciante a due moderni Gatto e la Volpe Collodiani.
La meta?
Il mio giudizio: La strada della follia, è qualcosa che si gioca tutto nella mente. Questa è una storia claustrofobica, si respira il marcio, la malattia e l'incapacità di accettare ciò che è stato il nostro passato e prendersi la responsabilità di quello che siamo adesso. Il protagonista è uno di noi e questo basta a trascinarci nella sua spirale autodistruttiva. Lo sentiamo vicino e distante. Vicino perché compie errori che tutti potremmo compiere, lontano perché si spinge all'eccesso senza che nessuno glielo chieda o un reale bisogno. I punti di vista differenti rendono la lettura varia e mai noiosa mettendo in luce aspetti diversi della stessa storia che non avremmo forse mai saputo se la visione fosse sempre stata quella di Roberto.
L'assurdo e l'irruenza degli eventi che spesso si succedono senza un perché spingono alla lettura per cercare di capire quanto in basso si può cadere, quanto lunga, tortuosa, ma soprattutto insidiosa, può essere la strada della follia.
L'unica pecca, se così la vogliamo chiamare, è forse quella di aver disseminato le pagine di indizi che possono indurre il lettore smaliziato ad unire i puntini prima di giungere al finale, togliendogli in questo modo parte dell'effetto sorpresa.
La strada della follia è un ottimo romanzo di intrattenimento adatto a tutti coloro che amano perdersi nei meandri della mente, e per questo, felici.
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