lunedì 19 dicembre 2016

Ninni mio padre, di Roberto Sapienza e Vittorio De Agrò

Titolo: Ninni, mio padre
Autore: Roberto Sapienza
Editore: Self
Pagine: 226
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La trama: In una serata di novembre, Roberto è davanti al computer, cercando di iniziare a scrivere un libro su suo padre Carmelo, deceduto vent'anni prima. Improvvisamente, sotto forma di un' entità incorporea, il padre gli si palesa con l'intento di mostrargli il proprio passato nei minimi dettagli: dall'infanzia, segnata da una tragedia familiare, dai successi e delusioni nello studio, in politica e in famiglia, fino al termine della sua vita, a causa di un male incurabile. Da quelle immagini, tra Roberto e suo padre, nasce un confronto dialettico segnato da forti emozioni e da animati contrasti che rivelano visioni discordi e sedimentate incomprensioni. Dopo il serrato dialogo che li coinvolge fino all'alba, Carmelo tornerà nella sua dimensione con una maggior consapevolezza riguardo alle conseguenze dei suoi atteggiamenti nella vita terrena? E Roberto, dopo quell'intensa e straordinaria chiacchierata notturna, riuscirà a scrivere quel libro su suo padre?

La recensione

Con grandissimo piacere mi sono avvicinato a questo libro che, mi dispiace molto dirlo, è rimasto per un po' sul mio scaffale. Adesso però è arrivato il suo momento. Bene, Ninni mio padre fa parte di quella che l'autore chiama la trilogia dell'amore, cominciata con Essere Melvin e seguito da Amiamoci nonostante tutto. Roberto Sapienza, a cui sono molto affezionato, porta a termile uno dei più importanti fili narrativi dei suoi libri: il rapporto con suo padre. Ma vediamo did ire qualcosa di più e spiegare cosa si trova all'interno di queste pagine.

Aprendo Ninni si resta inizialmente spaizzati dall'incipit, un incipit diverso da quelli a cui il lettore era abituato. Sappiamo dalle precedenti letture che Roberto ha un rapporto particolare col padre e che dopo la sua morte non c'è più stato modo di saldare tutti i conti in sospeso. Dopo vent'anni Roberto decide di andare a fondo alla cosa, trova il coraggio di guardarsi dentro e affrontare il suo passato iniziando a raccogliere informazioni. Da queste vorrebbe creare un libro, dipanare la matassa della vita di suo padre per capire chi era davvero.
Dall'alto il padre lo osseva e assieme a Gabriel capisce che ha lasciato un vuoto incolmabile all'interno di quel figlio con quel carattere così particolare. Deve fare qualcosa. Deve scendere di nuovo sulla terra e fargli capire come siano andate le cose davvero, perchè ha fatto certe scelte, perchè ha pronunciato certe parole.
Gabriel decide di esaudire questo suo ultimo desiderio, prima di condurlo nelle alte sfere, ed ecco che attraverso una luce accecante padre e figlio si rivedono dopo anni ed inizia così una chiacchierata desiderata fortemente.

Lo stile è colloquale, semplice. Direi una bigia se dicessi che la prosa di Sapienza è ampollosa e ritrita. Affatto, perchè è lineare, non fa uso di parole difficili. C'è un prologo e un epilogo che aprono e chiudono la storia. Il lettore si trova di fronte quasi un romanzo fantasy, visto l'inizio, dove il patriarca della famiglia decide di apparire nuovamente di fronte al figlio, quasi come un fantasma, per parlare con lui. Procede poi verso altre ambientazioni, decisamente più terrene e realistiche, ma non poer questo meno autentiche, con uno stile più che narrativo.

Le ambientazioni, grazie appunto allo stile, risultano sempre molto convincenti. Essendo un racconto personale di Carmelo Sapienza al figlio, capita che ci si sposti spesso di luogo in luogo. Il centro della scena quasi semopre è Catania, mentre ad un tratto è Roma a fare da sfondo alle vicende della vita di Carmelo e della sua famiglia. Due città importanti che si portano dietro la loro storia, una storia fatta di numerosi eventi storici e di cambiamenti politici, che investono tutti quanti i personaggi e chi gli sta attorno. Ogni luogo ha anch'esso la sua storia, come ce l'hanno le scuole, le vie, le macchine sportive su cui Carmelo era solito correre, gli incontri con quelli del partito, come le gite alla villa di Bracciano sul pulmino, l'azienda produttrice di arance, le barche. Tutto.
Un universo spaccettato, variegato, complicato e denso di avvenimenti che abbracciano il lettore e lo fanno sentire parte di un tutto.

Cio che però, ovviamente, salta più agli occhi è il tema del rapporto padre-figlio, che è indescrivibile. La maggior parte dello spazio è occupato dalla narrazione di Carmelo e di quella che è stata la sua vita, quasi sempre però è messa sotto gli occhi del figlio, che lo giudica, che cerca di carpire quante più imformazioni possibili. Tutto ciò che viene narrato è quindi messo sempre sotto costante osservazione, tutto ciò che Carmelo fa comparire, attraverso particolari visioni, davanti a Roberto ha una funzione ben precisa.
Assistiamo alla nascita di Carmelo e come ha sempre primeggiato a scuola, a come da subito ha dimostrato una discreta propensione allo studio e una spiccata voglia di essere sempre al centro dell'attenzione. Una vita piena di persone e di impegni che spesso l'hanno portato a contatto con realtà differenti e lontano dagli affetti della famiglia. Carmelo non era un uomo cattivo, era una uomo onesto, bisognoso di aver sempre qualcosa da fare e da dire, tutto quello che ha fatto l'ha sempre fatto con il totale disinteresse personale, sempre in buona fede e mettendo sempre la famiglia al primo posto.
Il rapporto coi figli, si sa, è sempre difficile, e Carmelo finisce sempre per scontrarsi con quel figlio che ha il carattere più simile al suo, ma anche più fragile e bisognoso di attenzioni, proprio come lui. Due caratteri opposti ma che non hanno mai potuto stare separati. Un legame indissolubile tra due testimoniato dal fatto che dopo vent'anni, anche se uno dei due è venuto a mancare, continuano a cercarsi.

Il mio giudizio: Come già accennato in precedenza non so dire quanto piacere mi abbia fatto leggere questo libro, le cui pagine mi sono letteralmente scivolate dalle dita. Leggerlo è stato come immergermi nella vita di Roberto, apprendere assieme a lui delle verità rimaste nascoste per anni, scoprire assieme chi era davvero l'uomo che nel bene o nel male gli è stato vicino. Un libro che mi ha quasi commosso, che mi ha coinvolto, che mi ha trascinato e che con piacere mi ha riportato alla mente I Malavoglia o Cent'anni di solitudine. Io adoro le saghe familiari e questo libro di Sapienza è uno di queste, una storia, un percorso, un sentiero a ritroso per capire come tutto è cominciato
Un libro che a prescindere se si è letto o no gli altri, è fruibile da tutti, perchè tutti abbiamo avuto dei genitori, perchè tutti abbiamo avuto e avremo sempre qualcosa da chiarire con loro. Basta solo avere la forza di tirare tutto quanto furori, anche a costo di soffrire. Anche a costo di riaprire certe ferite.
Vale sempre la pena. Vale la pena leggere di Ninni e della famiglia Sapeinza.

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